La mascherina, dispositivo di protezione delle vie respiratorie, dai primi mesi del 2020, da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 in tutto il mondo, è un oggetto ancora presente nella nostra quotidianità. In questi anni, per motivi di sicurezza legati alla prevenzione della diffusione del virus, in Italia e in altri Paesi la mascherina è possibile smaltirla solamente nell’ indifferenziato, alimentando di gran lunga la quantità di rifiuti di natura plastica, con conseguente impatto negativo sull’ambiente.
Per fortuna, grazie al progresso tecnologico, diversi sono i progetti a cui istituti di ricerca e startup si stanno dedicando per trovare una soluzione per smaltire le mascherine e favorire il processo di economia circolare.
Un gruppo di ricercatori australiani, ha proposto una soluzione innovativa in materia: il riciclo di mascherine usate per la produzione di materiale da utilizzare per la costruzione delle strade. Uno studio intrapreso anche in Italia dall’Università della Tuscia, attraverso il progetto SUPRA, che nel 2021 ha visto uno studio basato sul riuso dei rifiuti plastici dei Dpi – dispositivi di protezione individuale compresi i camici in tessuto-non-tessuto per la realizzazione di asfalti “rinforzati”.
Un’azienda francese, invece, promuove una soluzione diversa, quella di mescolare i rifiuti sintetici con diverse resine per ottenere un nuovo materiale plastico necessario alla produzione di visiere protettive o apriporta. E ancora, un’azienda statunitense raccoglie diversi dispositivi, mascherine, guanti monouso e visiere dai quali viene estratto polipropilene, sostanza da utilizzare successivamente per la realizzazione di tubi e mobili da esterno.
Infine esistono anche diverse realtà che stanno sperimentando soluzioni biodegradabili cercando nuovi materiali, come la plastica composta da biomasse, a bassissimo impatto ambientale. Quest’ultima opportunità però comporta dei costi di produzione molto elevati, attualmente poco fattibili.