Negli ultimi quarant’anni sono stati fatti passi da gigante in tema di didattica inclusiva delle persone con disabilità. Parliamo di un tema che non è solo prerogativa della scuola in sé, ma che rappresenta un principio già sancito dalla nostra Costituzione: l’art. 3 garantisce il principio di uguaglianza tra i cittadini, l’art. 34 il diritto allo studio e l’art.38, affronta in modo esplicito il diritto allo studio delle persone con disabilità affermando chiaramente che “gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”.
Di grande rilievo, il superamento delle differenze grazie all’abolizione delle cosiddette “scuole speciali” e “classi differenziali”. Negli anni ’60 con la Legge n.1859 furono istituite delle classi per gli alunni scolasticamente disadattati, in quanto si pensava che specifici bisogni avevano necessità di trattamenti “speciali” ma discostanti e diversificati dall’istruzione scolastica di cui siamo a conoscenza. Con la nascita e l’avanzare della figura dell’insegnante di sostegno, tali stigmi furono aboliti nel 1977, periodo in cui prese avvio l’integrazione nelle classi dei bambini con disabilità.
Con la legge n. 517 del 1977 si concretizza il percorso di socializzazione e inserimento dell’alunno disabile, attraverso una strategia didattica in grado di offrire non solo il diritto allo studio, ma soprattutto la piena partecipazione, coinvolgimento e integrazione. Tuttavia, non era sufficiente integrare le diversità ma bisognava attuare un programma che potesse valorizzare il potenziale di apprendimento all’interno del gruppo classe, attraverso una piena inclusione. La legge n. 104/1992, colloca l’inclusione scolastica tra i diritti fondamentali della persona e del cittadino. Nel 1995 fu introdotto il termine società inclusiva nell’ambito del Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sociale (Copenaghen). Come sostiene la Carta di Lussemburgo (European Commission, 1996) “una scuola è per tutti e ciascuno, e le diversità dei singoli diventano la condizione principale nella costruzione di ambienti favorevoli e accessibili a tutti, in egual modo.” Successivamente, attraverso l’Index per l’inclusione (Booth, Ainscow, 2000), strumento di riferimento per lo sviluppo della progettazione inclusiva nella scuola, alunni, docenti, famiglia iniziano ad esaminare più a fondo il contesto in cui si trovano per attuare tutte le strategie volte alla partecipazione e alla socializzazione dei ragazzi con disabilità.
Questo nuovo modello di inclusione favorisce la crescita degli apprendimenti e della partecipazione sociale di tutti gli alunni, potenziando le diversità in tutte le attività giornaliere, in modo che la collaborazione diventi un trampolino di lancio verso il pieno rinserimento nella società scolastica della disabilità.
In questo contesto, è importante menzionare il metodo dello Scaffolding, promotore principale tra le tecniche di attuazione dell’inclusione sociale, al cui interno l’apprendimento è reso chiaro, lineare, grazie alla presenza dell’insegnante che funge da sostegno nell’aiutare lo studente disabile a padroneggiare, rielaborare e rendere proprio un nuovo concetto, un nuovo processo che gli permetta di progredire e acquisire sempre nuove conoscenze.
Nel contempo, avanzano anche i due strumenti fondamentali: il PEI (Piano Educativo Individualizzato), con il quale il docente, aiutato da specialisti sociali e sanitari, segue costantemente l’alunno, disegnando un piano apposito e mirato, dove la prima parte è incentrata sull’analisi del soggetto e la seconda parte è focalizzata sugli obiettivi e sulle attività che vengono messe in atto durante l’intero anno; il PDP (Piano Didattico Personalizzato) dove oltre i docenti ed esperti esterni, grande ruolo riveste la famiglia, nel formulare un piano personalizzato e mirato all’alunno che presenta esigenze particolari didattiche, considerando i miglioramenti ed eventuale insorgenza di ulteriori difficoltà. Il PDP è un documento obbligatorio e va redatto nei primi tre mesi di inizio dell’attività scolastica.
Una fotografia sullo stato dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità ci viene data dall’ultimo Report Istat 2021-2022, dove si intravede una costante crescita con un 5% del totale degli iscritti rispetto all’anno precedente. Elemento di criticità è stata la DAD (Didattica a distanza), utilizzata per contenere il contagio da Covid-19, che ha penalizzato gli studenti con disabilità nell’interazione con gli insegnanti e con i compagni. In Italia si riscontra una netta differenza tra Nord e il Mezzogiorno nel contenere il disagio in cui versano gli alunni disabili; nel primo caso si osservano aumenti di postazioni informatiche, di accesso alle scuole, di insegnanti di sostegno, adatti ed utili alle esigenze di questi alunni, al contrario, nel Mezzogiorno, si registra una percentuale più carente, con minor sviluppo e maggiore discontinuità di servizi e metodi, dovuto alla mancanza di strumenti e formazione idonea e necessaria a contenere e superare queste barriere.