Secondo i dati Istat, nel 2022, la percentuale di popolazione italiana a rischio povertà o esclusione sociale è pari al 24,4%. In particolare, con la ripresa economica a seguito della pandemia da Covid-19, l’aumento dell’occupazione e dei redditi ha permesso una riduzione della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale, passando dal 5,9% del 2021 al 4,5% nel 2022 ma ha lasciato stabile la popolazione a rischio povertà con una percentuale pari al 20,1%. Nonostante l’impegno dei governi di tutto il mondo nel mettere in atto misure per ridurre la povertà, il problema è ancora abbastanza persistente.
Ma cosa si intende per disuguaglianza economica e sociale? La prima rappresenta la differenza relativa al possesso di risorse (compensi e redditi) che generano opportunità di vita diverse tra la popolazione, sicuramente più vantaggiose per alcuni e meno vantaggiose per altri. Quella sociale invece dipende dalla differenza di genere, età, etnia, religione, sesso e provenienza geografica. Due facce della stessa medaglia che, in parole semplici, scaturiscono da una distribuzione per nulla equa delle risorse: una parte della popolazione possiede denaro, proprietà, istruzione e più possibilità di cure in misura maggiore rispetto all’altra parte. È questa disparità che va a generare povertà, disuguaglianze e conseguente esclusione sociale.
Purtroppo, nonostante il lieve miglioramento accennato in precedenza, la guerra in Ucraina, l’aumento dei beni energetici, l’inflazione, l’aumento dei tassi di interesse dei mutui, continuano ad incidere fortemente sulla qualità della vita delle persone, in particolare di quelle che si trovano in situazione di povertà.
Secondo il report Caritas 2022, presentato in occasione della “Giornata internazionale di lotta alla povertà”, non esiste una sola povertà: c’è quella definita “multidimensionale” legata a più situazioni di bisogno, come reddito insufficiente, mancanza di occupazione, problemi abitativi e problemi familiari (divorzi, separazioni, salute e migrazioni); e c’è quella “intergenerazionale” che va a definire quelle situazioni di precarietà economica che dipendono dalla famiglia di origine. Ciò che contribuisce ad alimentare la povertà intergenerazionale è la povertà educativa e lavorativa e fattori psicologici come mancanza di autostima e di prospettive future.
Ma è davvero possibile azzerare o quanto meno ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche tra gli individui? È davvero possibile azzerare o ridurre situazioni di esclusione sociale? È davvero possibile rendere la nostra società più inclusiva e fare in modo che tutte persone abbiano una vita dignitosa? A rispondere a queste domande ci prova l’Agenda 2030 delle Nazioni unite che al goal n. 10 parla di “Ridurre l’ineguaglianza all’interno e fra le Nazioni” promuovendo l’inclusione sociale a livello globale attraverso i seguenti obiettivi:
- 10.1 Entro il 2030, raggiungere e sostenere progressivamente la crescita del reddito del 40 per cento più povero della popolazione ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale;
- 10.2 Entro il 2030, potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, status economico o altro;
- 10.3 Garantire a tutti pari opportunità e ridurre le disuguaglianze di risultato, anche attraverso l’eliminazione di leggi, di politiche e di pratiche discriminatorie, e la promozione di adeguate leggi, politiche e azioni in questo senso;
- 10.4 Adottare politiche, in particolare fiscali, e politiche salariali e di protezione sociale, e raggiungere progressivamente una maggiore uguaglianza;
- 10.5 Migliorare la regolamentazione e il controllo dei mercati e delle istituzioni finanziarie globali e rafforzarne l’applicazione;
- 10.6 Assicurare maggiore rappresentanza e voce per i paesi in via di sviluppo nel processo decisionale delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali a livello mondiale al fine di fornire istituzioni più efficaci, credibili, responsabili e legittime;
- 10.7 Facilitare la migrazione ordinata, sicura, regolare e responsabile e la mobilità delle persone, anche attraverso l’attuazione di politiche migratorie programmate e ben gestite.
Attualmente, nel contesto italiano, diversi sono gli strumenti a sostegno dell’inclusione sociale e lavorativa, previsti dal “Decreto Lavoro 2023”, convertito in Legge 3 luglio 2023 n. 85. Tra questi troviamo il “Supporto per la formazione e il lavoro”, in partenza il 01 settembre 2023,che prevede l’inserimento nel mondo del lavoro alle persone a rischio di esclusione sociale attraverso la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento e di accompagnamento al lavoro, e l’”Assegno di inclusione”, misura di sostegno al reddito che, a partire da gennaio 2024, verrà riconosciuto ai nuclei familiari in possesso dei requisiti di residenza, cittadinanza e soggiorno, in base all’importo ISEE, in relazione alla situazione reddituale del beneficiario e del suo nucleo familiare e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.